Ogni uomo, dinanzi a Dio, deve considerarsi un piccolo, anzi un nulla.
Un mistico tedesco del medioevo, Giovanni Taulero, definì, acutamente, in alcune pagine dei suoi Sermoni, la natura dell’uomo: “Il nulla naturale è che per natura siamo nulla, e il nulla peccaminoso è che il peccato ci ha ridotto al nulla. Con l’uno e l’altro nulla dobbiamo metterci ai piedi di Dio. Quando Dio volle creare e fare tutte le cose non c’era davanti a lui che il nulla. Egli non creò nulla servendosi di qualcosa: egli fece ogni cosa dal nulla. Dove Dio vuole e deve operare propriamente, non ha bisogno che del nulla. Il nulla è più adatto di qualunque altra cosa a ricevere l’opera di Dio, in modo passivo. Se vuoi essere incessantemente ricettivo a tutto ciò che Dio può e vuol dare e operare di essenziale e di vitale nei suoi amici più scelti, e se vuoi che egli riversi pienamente in te tutti i suoi doni, la nostra pretesa innanzitutto di essere veramente un nulla nel fondo della tua anima,poiché la nostra pretesa di essere qualcosa e la nostra presunzione impediscono a Dio la sua nobile opera in noi” .
Riconoscere il proprio nulla dinanzi a Dio è una grande grazia, e chi non l’avesse ricevuta dovrebbe implorare di riceverla, poiché rappresenta il primo passo nel cammino verso la santità.
"Per giungere a gustare il tutto,
Per giungere al possesso del tutto,
non voler possedere niente.
Per giungere ad essere tutto,
non voler essere niente.
Per giungere alla conoscenza del tutto,
non cercare di sapere qualche cosa in niente.
Per giungere a ciò che ora non godi,
devi passare per dove non godi.
Per giungere a ciò che non sai,
devi passare per dove non sai.
Per giungere al possesso di ciò che non hai,
devi passare per dove ora niente hai.
Per giungere a ciò che non sei,
devi passare per dove ora non sei.
Quando ti fermi su qualche cosa,
tralasci di slanciarti verso il tutto.
Per giungere interamente al tutto,
devi totalmente rinnegarti in tutto.
E quando tu giunga ad avere il tutto,
tu devi possederlo senza voler niente,
poiché se tu vuoi possedere qualche cosa nel tutto,
non hai il tuo solo tesoro in Dio" ( da: Salita del Monte Carmelo, Libro 1, cap. 13; san Giovanni della Croce).
Tutti i santi hanno cominciato il loro cammino di santità ritenendosi un nulla davanti a Dio
San Francesco d’Assisi riconosceva continuamente la sua nullità, la sua spregevolezza. Un giorno, frate Leone lo sorprese a gridare verso il cielo: ”Chi sei tu, o dolcissimo Dio mio? E chi sono io, vilissimo verme e disinutile servo tuo?” (F. F.1915).
Santa Caterina da Siena, un giorno, mentre era assorta in preghiera, sentì Gesù dirle: “Sai, figliola, chi sei tu e chi sono io? Se saprai queste due cose sarai beata. Tu sei quella che non è, io, invece, Colui che sono. Se avrai nell’anima tua tale cognizione, il nemico non potrà ingannarti, e sfuggirai da tutte le sue insidie; non acconsentirai mai ad alcuna cosa contraria ai miei comandamenti e acquisterai, senza difficoltà, ogni grazia, ogni verità e ogni lume”.
Un frase molto simile disse Gesù a santa Veronica Giuliani: “Vincerai e avrai vittoria su tutto, quando tu sprofonderai nella vera cognizione di te stessa, del tuo nulla” (Dal Diario di santa Veronica Giuliani).
Sant’Angela di Foligno, una grande mistica del Trecento, così insegnava ai suoi figli spirituali: “Maledetti siano i bene che fanno insuperbire l’anima, come la potenza, gli onori, i privilegi. Figli miei studiate di esser piccoli! O nulla sconosciuto, o nulla sconosciuto L’anima non può avere migliore visione in questo mondo che contemplare il proprio nulla e stare nella propria cella: Vi è maggior inganno nei beni spirituali, che in quelli temporali, come nel saper parlare di Dio, nel fare grandi mortificazioni, nel comprendere le Scritture, e nell’aver il cuore tutto occupato in cose spirituali. Per questi beni si cade spesso nell’errore, e questi errori sono più difficili da correggere di quanto non lo siano gli errori di quelle persone che si sono lasciate prendere dai beni materiali” (Sant’Angela da Foligno dal Libro parte III n.50)
San Paolo della Croce, fondatore della Congr. dei Padri Passionisti, considerava la santità legata alle due lettere: N e T= il nulla che siamo e il Tutto che è Dio; e nei suoi numerosi scritti rivolti ai suoi figli spirituali, l’invitava continuamente a sprofondare nel loro nulla. “In tutte le vostre operazioni, giorno e notte, fuggite da voi, come da un orribile nulla, come da una peste, e perdetevi tutta in Dio. Ivi riposate, ivi amate, obbedite alle attrattive e impressioni dello Spirito Santo, col nascondervi sempre più dentro ad interiora deserti, cioè fuori del tempo in eternità, in Dio, in cui non v’è tempo, ma tutto è eterno, ivi tacete e amate, e l’Amore v’insegnerà tutto, vi sarà insegnata la scienza dei santi in quella sacra ignoranza in cui resta l’anima per le stupende ammirabili divine operazioni che prova senza capire nell’orazione” (Dalle Lett. ai religiosi, di San Paolo della Croce)
"Più il tuo essere di nulla e di peccato, il tuo vile "io" scompare, e più il mio Essere di purezza e di amore, il mio sublime "Io" divino trionfa! E ogni volta che con la tua distruzione io trionfo più profondamente in te, tanto più, nello stesso tempo, faccio progredire (meravigliosa solidarietà redentrice!) il mio trionfo" (Dal Libro: Cum clamore valido, rivelazioni di Gesù ad un'anima privilegiata)..
Gesù, a suor Josefa Menendez, ripeteva in continuazione di scomparire nel suo nulla: “Non dimenticare che la tua piccolezza e il tuo nulla sono la calamita che attira il mio sguardo verso di te”. ”Mi glorificherò nella tua miseria, nella tua piccolezza e nel tuo nulla. Non ti amo per quello che sei ma per quello che non sei, cioè per la tua miseria e per il tuo nulla, perché ho trovato così dove collocare la mia grandezza e la mia bontà”. ”Miseria, nulla: questo è il tuo nome. Piccola vuol dire ancora qualcosa, ma tu Josefa, sei niente”. “Più tu sparirai, più io sarò la tua vita, e tu il mio cielo di riposo. Non sai dunque Josefa che quaggiù in terra le mie anime sono il mio cielo?” (Dal Libro: Invito all’amore, Ed.Shalom).
Che meraviglia: dal nostro nulla, il Signore crea in noi il suo cielo!
La scienza sostiene che, circa 15 miliardi di anni fa (miliardo più, miliardo meno), dal nulla, un’immensa “energia sconosciuta” si è concentrata in un inconcepibile minuscolo spazio, dal quale è esploso il Big bang e si è formato l’universo. Attualmente, alcuni scienziati ritengono che sia molto probabile l’esistenza di altri Universi (forse nei buchi neri), o di altri pianeti in cui potrebbe esserci vita intelligente. Comunque, anche se esistessero innumerevoli altri universi o dei mondi abitati da esseri intelligenti (speriamo che siano più intelligenti e più buoni di noi), l’immensità del creato resterebbe sempre una piccola cosa dinanzi agli occhi di Dio. “Dio mi mostrò una piccola cosa, grossa quanto una nocciola, che stava nel palmo della mia mano, ed era rotonda come una palla. La guardai, e pensai: “Cosa mai può essere?” E mi fu risposto così: “È tutto ciò che Dio ha creato”. Mi chiedevo con meraviglia quanto potesse durare, perché mi sembrava che si sarebbe potuta ridurre al nulla quella “palla”, tanto era piccola. E alla mia mente fu risposto: “Dura, e durerà sempre, perché Dio l’ama”, e così tutte le cose che ricevono il loro essere dall’amore di Dio” (Dal Libro delle Rivelazioni della beata Giuliana di Norwich). Tutta la creazione è una piccola cosa, una “pallina” di fronte a Dio, e soltanto una cosa può essere considerata grande: l’anima umana! “Sì, perché è ormai chiaro che l’anima dell’uomo fedele, che è la più degna di tutte le creature, è resa dalla grazia di Dio più grande del cielo. Mentre infatti i cieli con tutte le altre cose create non possono contenere il Creatore, l’anima fedele, invece, ed essa sola, è la sua dimora e soggiorno, e ciò soltanto a motivo della carità, di cui gli empi sono privi. È la stessa Verità che lo afferma: “Colui che mi ama, sarà amato dal Padre mio, e io pure lo amerò noi verremo a lui e porremo in lui la nostra dimora”. (F. F. 2892).