Sant’Antonio di Padova (nato a Lisbona intorno al 1195 e morto a Padova nel 1231) è il santo più conosciuto della cristianità: proclamato santo, a furor di popolo, dopo solo undici mesi dalla sua morte (caso unico nella storia), e dichiarato dottore della Chiesa da Pio XII per l’eloquenza della sua predicazione e la profondità spirituale dei suoi scritti (i Sermoni). Ci si potrebbe chiedere: perché questo santo è così popolare e venerato non solo in Italia, ma in ogni parte del mondo? Perché ci si rivolge a lui, per ottenere delle grazie, più che ad altri santi? Non è facile rispondere a queste domande, perché è un fatto che supera la comprensione razionale; però appare chiaro che sant’Antonio, oltre a possedere tutte le virtù che fanno di un uomo un santo, adempì in modo eccezionale al comando che Gesù diede ai suoi discepoli prima di salire in cielo: “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo a ogni creatura. Chi crederà e si farà battezzare sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi poi sono i segni che accompagneranno i credenti: nel mio nome scacceranno i demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti, e se avranno bevuto qualcosa di mortifero non nuocerà loro, imporranno le mani agli infermi e questi saranno sanati” (Mc 16,15-19). In un altro passo evangelico Gesù, sempre rivolgendosi ai suoi discepoli, dice: ”In verità, in verità vi dico: chi crede in me, anch’egli farà le opere che io faccio e ne farà anche di più grandi, perché io vado al Padre” (Gv 14,12-13). Sulla scia di queste parole, sant’Antonio operò delle cose veramente grandiose: nei pochi anni della sua esistenza terrena (visse solo 36 anni) compì, per mano del Signore, una serie innumerevole di strepitosi miracoli e prodigi, tanto da non avere uguali con altri santi della storia, fino al punto di essere dichiarato il più grande taumaturgo mai esistito.
Recita così un celebre inno a sant’Antonio di Padova:
“Se cerchi miracoli, la morte, l’errore, la calamità, il demonio, la lebbra fuggono, gli infermi si alzano sani.
Cedono il mare, le catene, i giovani e i vecchi chiedono e riacquistano le membra e le cose perdute.
Spariscono i pericoli, cessa il bisogno, lo raccontino quanti lo provano, lo dicano i padovani”.
Ma, è davvero importante assistere a dei miracoli per credere? Non basta avere fede? Per i “neonati nella fede” (quelli di cui parla san Paolo nella I lett. Cor 3,1-4 e san Pietro nella I lett.2,1), i miracoli o i segni prodigiosi sono importanti, perché assistere a delle manifestazioni tangibili della Potenza Divina rafforza la loro fede. Oggigiorno, la fede langue perché mancano delle figure carismatiche come quella di sant’Antonio di Padova, per dirla in breve: mancano i santi! E, così, tanti poveri “neonati nella fede” sono abbandonati a se stessi e non riescono a raggiungere una piena maturità spirituale. Alcuni, purtroppo, sono simili a degli aborti: esseri che vivono la loro vita nel “buio”, lasciando Cristo languire in loro.
Sant’Antonio di Padova, amico dei “neonati nella fede”, prega il Signore che susciti dei santi simili a te, affinché il mondo possa crescere nell’Amore di Dio Padre! Prega per chi vive nel buio delle tenebre interiori e rischia di morire in quel buio: tu che hai risuscitato tanti bambini dalla morte, ottienici questa grazia!
In quasi tutte le chiese è presente una sua statua o un dipinto che ritrae sant’Antonio di Padova con il Bambino Gesù in braccio e un giglio in mano: simbolo dell’anima candida come quella di un bimbo, la quale emana un profumo inebriante (com’è il profumo del giglio) di santità. Questo santo è raffigurato così perché, in effetti, un giorno, ebbe la gioia di tenere, il Bambino Gesù fra le sue braccia. Questa vicenda fu narrata dal conte Tiso (amico del santo), che ebbe il privilegio di assistere a quella scena. Poco tempo prima di morire, il santo volle ritirarsi in preghiera a Camposampiero, un luogo vicino a Padova, che il conte Tiso aveva affidato ai francescani. Una sera, il conte si recò nella stanzetta dell’amico e, dall’uscio socchiuso, vide sprigionarsi un intenso splendore; temendo un incendio, spinse la porta e restò trasecolato davanti ad una scena prodigiosa: Antonio stringeva fra le braccia Gesù Bambino! Quando Antonio si accorse della presenza del conte Tiso lo pregò di non parlare con nessuno di quella apparizione celeste. Solo dopo la morte del Santo il conte raccontò ciò che aveva visto.
Si contano sulle dita di una mano i santi raffigurati con il Bambino Gesù in braccio: primo fra tutti san Giuseppe, che ebbe il privilegio di essere il padre adottivo di Gesù. C’è poi san Felice da Cantalice, san Gaetano da Thiene, e san Cristoforo, che è raffigurato con il Bambino Gesù sulle spalle mentre attraversa un corso d’acqua. Il Signore dona ad alcuni santi questa grazia non certo per la gioia di potersi spupazzare il piccolo Gesù fra le braccia, ma perché possano comprendere ciò che intende comunicargli con quella manifestazione divina. Uno dei vari significati di questa grazia è l’invito a vivere nell’infanzia dello spirito: “In verità, in verità vi dico, se non vi convertirete e non diventerete come i fanciulli, non entrerete nel Regno dei cieli. Chi dunque si farà piccolo come questo fanciullo, questi sarà il più grande nel Regno dei cieli” (Mt 18,3-5). Divenire piccoli significa anche rinascere ogni giorno, inteso come una divina rinascita in Cristo, nell’oggi Eterno di Dio: ”Tu sei mio Figlio, oggi ti ho generato” (Sal 2,7).
Un altro significato di questa grazia è offerto dall’immagine della mamma o del papà che portano il loro figlioletto in braccio, i quali lo fanno, oltre che per affetto o per coccolarlo, quando il bambino è stanco di camminare. Questa tenera immagine fa intendere che il Signore invita, chi è forte nella fede, ad avere cura di chi è vacillante nella fede e rischia d’inciampare e di cadere sulle pericolose strade del mondo. “Noi che siamo i forti abbiamo il dovere di sopportare l’infermità dei deboli, senza compiacere noi stessi” (Rm 15,1). Chi è forte nella fede è chiamato ad essere come il buon Pastore, che va in cerca della pecorella smarrita per condurla fra le braccia del Padre.
“Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce pian piano le pecore madri” (Is 40,11-12).
Gesù, quando parla dei piccoli, intende riferirsi anche ai suoi discepoli o a coloro che credono in Lui.
“Chi avrà dissetato anche con un solo bicchiere d’acqua fresca uno di questi piccoli, in quanto discepolo, in verità vi dico: non perderà la sua ricompensa” (Mt 10,42). “Chi accoglie uno di questi bambini in nome mio, accoglie me e chi accoglie me non accoglie me ma colui che mi ha mandato”(Mc 9,37). “Ma se uno sarà di scandalo a uno di questi piccoli che credono in me, è meglio per lui che gli sia legata al collo una mola asinaria e sia precipitato nel fondo del mare” (Mt 18,6-7).
Perciò, agli occhi di Dio siamo tutti dei piccoli bambini bisognosi di un Papà che li porti teneramente in braccio e provveda a loro in tutto e per tutto. Dimentichiamoci il secondo numero dei nostri anni (50 = 5; 60 = 6), e viviamo spensierati e felici come bambini immensamente amati nella Casa del nostro Padre Celeste!
Ѐ interessante notare che sant’Antonio di Padova ricevette la grazia di tenere fra le braccia Gesù poco tempo prima di morire, proprio come avvenne a san Francesco d’Assisi- due anni prima della sua morte nell’avvenimento del presepio di Greccio; come ad indicare che il loro processo evolutivo spirituale stava per compiersi con la loro imminente nascita in cielo. Nell’evoluzione spirituale avviene il contrario di quella umana: “Per questo non ci scoraggiamo, ma se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore si rinnova di giorno in giorno” (II Cor 4,16). Insomma, più uno invecchia (cresce in sapienza divina) e più diventa “giovane”, più uno si fa piccolo (cresce in umiltà) e più diventa grande. La Beata Vergine Maria, nel suo transito in cielo, è raffigurata, in molte icone, in braccio a Gesù come una neonata. Chi fu più “piccolo” di Maria Santissima su questa terra e chi è più grande di Lei nel Cielo? Nessuno!
“Ti preghiamo, o nostra Signora, inclita Madre di Dio, esaltata al di sopra dei cori degli angeli, di riempire il vaso del nostro cuore con la grazia celeste; di farci splendere dell’oro della sapienza; di sostenerci con la potenza della tua intercessione; di ornarci con le pietre preziose delle tue virtù, di effondere su di noi, o oliva benedetta, l’olio della tua misericordia, con il quale coprire la moltitudine dei nostri peccati, ed essere trovati degni di venire innalzati alle altezze della gloria celeste, e vivere in eterno con i beati del cielo. Ce lo conceda Gesù Cristo, Tuo Figlio, che ti ha esaltata al di sopra dei Cori degli Angeli, ti ha incoronata con il diadema del regno, e ti ha posta sul trono dell’eterno splendore. A Lui sia onore e gloria per secoli eterni. E tutta la Chiesa risponda: Amen. Alleluia!” (Dal Sermone sull’Assunzione, di sant’Antonio di Padova).
Sant’Antonio ebbe una particolare predilezione per i bambini, e i più grandi miracoli li compì proprio a favore di bambini malati gravemente, oppure ne risuscitò alcuni che erano morti a causa di tragici eventi. Nei tempi passati c’era l’usanza, come voto a sant’Antonio, da parte dei genitori, di vestire con il saio, per un determinato periodo di tempo, il bambino che aveva ricevuto una grazia dal santo. In effetti, sant’Antonio è considerato il protettore dei bambini, e molte opere di beneficenza, a favore dei piccoli, sono intitolate a suo nome.
Una povera donna di Padova, un giorno, uscendo per la spesa, lasciò in casa il suo piccolo figliolo di venti mesi, chiamato Tommaso. Mentre giocava, il piccolo cadde in un mastello pieno d’acqua e vi affogò. Passato qualche tempo la madre rientrò in casa e si trovò dinanzi a quella orribile scena: il figlioletto morto affogato! Si può immagine la disperazione di quella madre, la quale, però, nel suo immenso dolore, si ricordò degli innumerevoli miracoli di sant’Antonio. Con tanta fede lo invocò perché potesse ridare vita al suo figlioletto morto e fece voto che avrebbe dato tanto grano ai poveri quanto pesava il suo bambino. Passò la sera e metà della notte, e quella madre aspettava fiduciosa rinnovando il suo voto. Ad un tratto si vede esaudita: il bambino si risvegliò da morte pieno di vita e salute. Da quel miracolo scaturì l’usanza di donare, il giorno della sua festa, il 13 giugno, il pane di sant’Antonio.
Nelle vicinanze di Padova, una bambina chiamata Eurelia, essendo un giorno uscita in campagna, cadde in un fosso pieno d’acqua e annegò. Tirata fuori dall’acqua dalla sua mamma venne collocata sulla sponda del fosso, con la testa in basso e i piedi alzati, come si fa con gli affogati. Ma non dava alcun segno di vita: sulle guance e sulle labbra si scorgevano già impressi i segni della morte. La povera mamma fiduciosa ricorse all’intercessione di sant’Antonio affinché il Signore potesse ridare la vita la sua bambina, ed ottenne la grazia di vederla tornare di nuovo in vita, in ottima salute, tra lo stupore di quanti era accorsi addolorati per quella tragedia.
Sant’Antonio è spesso raffigurato, oltre che con il Bambino Gesù in braccio, anche con il libro della Sacre Scritture, in quanto fu un eccezionale e instancabile predicatore della Parola di Dio. ”Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Mt 4,4-5).
Molti si convertirono per l’efficacia delle sue parole ispirate dallo Spirito Santo, e quella sua lingua, usata per lodare il Signore e annunciare la Parola di Dio, è rimasta incorrotta nei secoli, ed è conservata nella grandiosa Basilica di Padova a lui dedicata. Tanta gente si convertiva per la predicazione di sant’Antonio, anche uomini malvagi e spietati, ma, in maggioranza, erano gli ultimi, la gente povera umile e semplice ad accogliere la sua predicazione.
Dagli scritti di sant’Antonio: ”Solo i poveri, gli umili ricevono il messaggio di Cristo: sono assetati della Parola di vita e della sapienza salvatrice i semplici, gli incolti, gli uomini dei campi e le vecchiette; non i mondani, pieni di parole e inebriati della sapienza di quaggiù. Cristo è verità. In Cristo rifulsero povertà, obbedienza, umiltà. Chi si scandalizza di queste virtù, si scandalizza di Cristo. I veri poveri non si scandalizzano, perché essi solo si nutrono della verità del vangelo, e sono il popolo del Signore, i poveri, le pecorelle che conduce al pascolo. I poveri in spirito sono il popolo di Dio. Staccati dalle cose terrestri, nella altezze della povertà, essi contemplano il Figlio di Dio nei misteri della sua vita e nella gloria del cielo. Costoro il Signore consola. Privi di beni materiali, egli li consola con i suoi beni, e mentre crolla l’edificio dei conforti mondani subito il Signore erige in loro la casa della sua gioia. Egli trasforma la desolazione della povertà in delizie d’intima soavità” (Sermones, II, pag 485-486). “I mondani, che hanno fede solo nelle parole umane, e la speranza la ripongono in se stessi e nelle loro cose, si appoggiano unicamente sull’uomo, sono ingordi di cose terrestri e puzzano di mondo. L’uomo che odora non di cielo ma di terra, che vive nel pattume dell’ingordigia e della lussuria, somiglia all’asino, che, anticamente, era addetto alla mola. Gli tappavano gli occhi e lo battevano col randello, perché girasse la pesantissima pietra. Così il mondano, avendo accecata la ragione e l’intelletto, è sferzato dalle sue brame a tirarsi appresso il peso della vanità di questa vita” (Sermones, III, pag 63).
Sant’Antonio di Padova è anche il santo invocato per ritrovare le cose perdute. Oggi l’uomo ha smarrito la cosa più importante: il bene dell’intelletto, vale a dire la Sapienza Divina, quella che il Re Salomone implorava di ricevere, preferendola a scettri e a troni (Sap 7,8). La mente dell’uomo di oggi si perde in labirinti tenebrosi che spesso lo conducono alla follia, e, purtroppo, ciò riguarda anche tanti consacrati a Dio che vivono “senza sale in zucca”. Abbiamo bisogno, più di ogni altra cosa al mondo, che il Signore ci doni sacerdoti e religiosi santi come sant’Antonio, in un’epoca di scandali tremendi: preti omosessuali, pedofili, attaccati al denaro, preti che lasciano la tonaca perché si sono innamorati di una donna e lo annunciano spudoratamente, e la gente, stupidamente, plaude loro. Ma la cosa più grave in assoluto è l’infiltrazione della massoneria nella Chiesa: san Pio da Pietrelcina diceva, negli anni sessanta, che la massoneria era giunta alle pantofole del papa (figuriamoci dov’è giunta ora!) Del resto, anche san Paolo VI disse - sempre negli anni sessanta - che il fumo di Satana era penetrato da qualche fessura nella Chiesa. Adesso, al posto del fumo divampa un fuoco malefico, e non quel fuoco divino che Gesù voleva fosse acceso sulla terra (Lc 12,49).
Anche ai tempi di sant’Antonio la Chiesa non viveva momenti esaltanti: dilagavano eresie, ingiustizie, c’era corruzione nel clero, però lui seppe rinnovare il volto della Chiesa di quei tempi, agendo come un nuovo san Giovanni Battista.
Una volta, sant’Antonio predicava a Brouges durante un sinodo, e, dirigendo il suo sguardo ad un Arcivescovo cominciò a rimproverare alcuni vizi che macchiavano la coscienza di quel prelato con tale energia e con così solidi e chiari argomenti tratti dalla Bibbia che l’Arcivescovo fu mosso da pentimento e pianto, sentendo nel suo cuore una devozione mai provata prima. Conclusa la riunione sinodale, l’Arcivescovo condusse il santo in disparte e gli palesò umilmente il peso dei suoi peccati che gravavano la sua coscienza. Da quel giorno in poi divenne più devoto impegnandosi con maggior zelo al servizio di Dio.
Accadeva di frequente che sant’Antonio, anelante alla salvezza delle anime, apparisse di notte a molte persone mentre dormivano, risvegliando la loro coscienza e stimolandole ad andare da tal frate o sacerdote a confessare i loro peccati.
Sant’Antonio una volta si ammalò in un convento di monaci della diocesi di Limoges. Lo assisteva un infermiere travagliato da una forte tentazione impura. Il Santo avutane notizia per rivelazione divina, scoprendogli la tentazione dolcemente lo rimproverò e, al tempo stesso, gli fece indossare la sua tonaca. Non appena la tonaca ricoprì le membra dell’infermiere la tentazione svanì. Egli confessò che da quel giorno non sentì più alcuna tentazione impura.
Dagli scritti di sant’Antonio: “La ribellione e la disobbedienza a Dio ci rendono figli pessimi e degeneri. Creandoci, il Signore ha impresso nella nostra anima la sua divina immagine, a quello stesso modo che un padre terreno trasmette con il sangue il proprio lineamento ai figli. Ebbene, peccando gravemente, quell’immagine e somiglianza con il Padre celeste noi la perdiamo. Peggio ancora, noi arriviamo a sovrapporre il volto del diavolo a quello di Dio. Ogni volta che il cristiano commette il peccato grave, imprime nella sua anima l’immagine di Satana, si fa simile a lui, diventa suo figlio” (Sermones, I, p.363).
Quanti cristiani, oggi più che mai, hanno impresso nel loro volto i lineamenti di Satana! Ecco perché il Volto della Chiesa appare sfigurato e privo di attrattiva per quanti cercano la Verità. Nelle varie tempeste che, nel corso dei secoli, la navicella di Pietro ha subìto, il Signore ha sempre suscitato dei santi che hanno scongiurato che facesse naufragio; e anche adesso, che rischiamo di fare la fine del Titanic, abbiamo un assoluto bisogno di santi eccezionali che possano condurre la navicella ad un approdo sicuro.
Dagli scritti di sant’Antonio: “I santi sono per il mondo tenebroso le stelle che brillano nel firmamento. La loro nascita avviene per la gioia di molti, è un bene comune, la loro comparsa è per l’utilità di tutti. Cristo tiene i santi sotto il sigillo della sua provvidenza, affinché non appariscano quando vogliono loro, ma stiano pronti per l’ora stabilita da lui. Quando sentiranno risuonare nel cuore il suo comando, escano dal nascondiglio della vita contemplativa verso le attività richieste dalla necessità” (Sermones I, pag 345).
Sant’Antonio, amico dei piccoli, prega il Signore e la Vergine Maria che escano, quanto prima, dai loro “nascondigli”, sacerdoti e religiosi santi che ricostruiscano la Casa del Signore, e rinnovino la faccia della terra, affinché si possa vivere in un piccolo Paradiso!
San Luigi Maria Grignion di Montfort, nel suo Trattato vera devozione a Maria (cap. II 47-48) così scrive: “Verso la fine dei tempi, l’Altissimo e la Sua Santa Madre intendono plasmare dei santi così eccelsi che superino in santità la maggior parte degli altri santi, come i cedri del Libano superano i piccoli arbusti. Queste anime grandi, piene di grazia e di zelo, saranno prescelte da Dio perché combattano i suoi nemici da ogni parte. Avranno una particolare devozione alla Vergine e saranno rischiarate dalla sua luce, nutrite dal suo cibo,guidate dal suo spirito, sostenute dalla sua forza, difese dalla sua protezione, di modo che combatteranno con una mano e costruiranno con l’altra”.
Beata Vergine Maria,Madre della Chiesa, Regina delle vittorie, ausilio dei cristiani, prega per noi!
Abbandoniamoci fra le braccia della più tenera delle madri: Lei ci trasformerà da agnellini fragili e inermi in tigri agguerrite pronte a sconfiggere il male