Lo Spirito Santo ha fatto sbocciare un nuovo piccolo fiore nel deserto del mondo: l’Opera Piccola Cafarnao.

Quest’Opera si rivolge ai “piccoli”, invitandoli ad amare sempre più la loro piccolezza e ad offrirla al Signore, affinché la trasformi in qualcosa di grande, a beneficio del mondo intero.

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“Signore, non si inorgoglisce il mio cuore e non si leva con superbia il mio sguardo; non vado in cerca di cose grandi,superiori alle mie forze. Io sono tranquillo e sereno come un bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è l’anima mia” (Sal 130,1-3).

Gesù e la Madonna, per comunicare i loro messaggi e rivelazioni, hanno prevalentemente scelto dei bambini, oppure delle persone umili e semplici, insegnando loro a sentirsi sempre più piccoli. Gesù ripeteva, più volte, a santa Faustina Kowalska frasi di tal genere: “Io voglio vederti sempre come una bambina piccola” (Dal libro: Il diario della Divina Misericordia, 1Quaderno, 127); “Sì, starò sempre accanto a te, se sarai sempre una bambina piccola” (1 Quaderno, 129); “Sebbene la mia grandezza sia inconcepibile, ho rapporti d’intimità soltanto con i piccoli. Voglio da te l’infanzia dello spirito” (1 Quaderno, 140).

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San Francesco d’Assisi amava sentirsi il più piccolo, il più spregevole fra tutti gli uomini della terra, e volle che anche i suoi frati si considerassero piccoli, chiamandoli, appunto, frati minori. Francesco amò follemente la piccolezza, che è sinonimo anche di povertà, e giunse al punto di spogliarsi completamente di tutti i suoi beni fino ad apparire nudo, di fronte a Dio e agli uomini, proprio come un bambino appena nato (Gn 3, 9-12). Francesco volle divenire povero non tanto per il gusto di essere un pezzente, ma per sentirsi come un bambino che dipende in tutto e per tutto dal Padre Celeste, il quale nutre gli uccelli del cielo e veste i gigli nei campi (Mt 7, 26). La povertà maggiore di Francesco, come, del resto, quella di tutti i santi, consistette nell’espropriarsi del bene più prezioso che possieda l’uomo: la propria volontà. Infatti, anche il più cencioso degli uomini può essere ricco: del suo orgoglio, del suo modo di pensare, dei suoi vizi ecc. ecc., mentre Francesco fu costantemente impegnato a ricercare e ad eseguire in tutto la volontà di Dio, sull’esempio di Gesù, che, entrando nel mondo, disse:”Ecco, io vengo per fare la tua volontà” (Eb4, 1-6). Molti suoi concittadini, in un primo momento, consideravano Francesco un pazzo, ed essere considerati pazzi vuol dire non contare nulla agli occhi del mondo, ma Francesco fece della pazzia una sua regola di vita( 1Cor 3-18): “Il Signore mi ha rivelato essere suo volere che io fossi un pazzo nel mondo: questa è la scienza alla quale Dio vuole che ci dedichiamo” (F.F. 1673). Francesco aveva l’animo candido e semplice di un bambino, e dialogava, come fanno spesso i bambini, con gli animali, le piante e con tutte le creature, considerandoli suoi fratelli e sorelle, e invitandoli a lodare il Creatore (nel celebre Cantico delle creature). In definitiva, ognuno dovrebbe considerare quale merito abbia nell’essere stato creato in quello che è, invece di rimanere nel nulla oppure essere una pianta, un sasso, o un qualsiasi altro elemento della natura: è solo per Volontà Divina e per la sua infinita Misericordia se siamo quello siamo, e dobbiamo sempre lodare e ringraziare il Signore per tutto quello che ci ha donato. “Lodate e benedite il mio Signore e ringraziatelo e servitelo con grande umiltà”, così termina il Cantico delle creature di san Francesco.

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Santa Teresina del Bambino Gesù, che fu proclamata dottore della Chiesa per aver tracciato la sua piccola via, quella dell’infanzia spirituale, amò sempre sentirsi una bambina piccola fra le braccia di Dio Padre.

“Io sono sempre rimasta piccola, non avendo altra occupazione che quella di cogliere fiori, i fiori dell’amore e del sacrificio e di offrirli al buon Dio per suo piacere. Essere piccoli vuol dire non attribuirsi affatto le virtù che si praticano, credendosi capaci di qualcosa, ma riconoscere che il buon Dio pone questo tesoro nelle mani del suo piccolo bambino, ma il tesoro è sempre del buon Dio. Infine, è non scoraggiarsi affatto delle proprie colpe, perché i bambini cadono spesso, ma sono troppo piccoli per farsi male (da: Gli scritti, Novissima verba, 6 agosto 1897). “Più si è deboli, senza desideri né virtù, più si è adatti alle operazioni di quest’amore consumante e trasformante…Restiamo il più lontano possibile da tutto ciò che brilla, amiamo la nostra piccolezza, desideriamo di non sentire nulla. Allora saremo povere di spirito, e Gesù verrà a cercarci, per quanto lontano ci troviamo, e ci trasformerà in fiamme d’amore” (Dagli scritti, Lett.176). Poco tempo prima di morire, mentre era tormentata da dolori atroci (morì a 24 anni di tubercolosi) e da una forte aridità di spirito, scrisse, rivolgendosi alla Madonna, la sua ultima frase che racchiude un’umiltà abissale: “O Maria, se io fossi la Regina del Cielo e tu fossi Teresa, vorrei essere Teresa perché tu fossi la Regina del Cielo” (8 settembre, 1897).

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